Prefazione
Il Coro Euridice compie 140 anni… 140 anni di un lungo cammino di memoria, cultura, arte, concerti, prove, studio, viaggi, luoghi, esperienze, ricerca, sperimentazione, progettualità, relazioni, persone, il tutto ben riposto nello zaino di colui che questo cammino lo affronta: il Corista.
Sì, il Corista, elemento minimo ma imprescindibile del coro, al quale vorrei dedicare queste poche righe di presentazione.
Ho sempre trovato nel Corista Euridice un senso di appartenenza molto forte: questo sentire, che è forse pari a quello del far musica, buona musica, è benzina per il motore, datato ma vivace e brioso, di questa Società Corale.
Canto in questo coro da circa trent’anni e ho visto “visi e voci di chi ho amato prima poi andar via” (perdonate la citazione, “mi scappò”); ma non c’è occasione di incontro con ex coristi dell’Euridice in cui non affiori in loro istantaneamente la nostalgia di qualcosa che si è lasciato, verso cui tuttavia sentono ancora di far parte.
Questo sottinteso di rimpianto è consapevolezza di essere connessi a qualcosa di importante.
Quella al Coro Euridice è un’esperienza che attraverso un solido studio permette di creare musica, e al contempo di costruire tutti insieme, e tutti in egual misura, una vicenda unica, nella visione che ciascuno sia importante quanto quello che gli è seduto accanto (in prova) o gli spettina la piega da dietro con la cartella (in concerto).
Sì, perché è proprio in questa prospettiva inclusiva che sta la forza dello stare in coro: ciascun cantore deve dare il massimo ricordandosi di non prevalere e rispettare chi gli canta a fianco; un’eguaglianza forzata e inevitabile che livella eventuali eccessi di individualismo, ma che permette di godere di una meta comune, sia essa un pianissimo omogeneo o un’esecuzione perfettamente in tono.
Sentirsi partecipi e in connessione nella vita corale significa poi essere pronti a tutto: gestire burocrazia e amministrazione (l’impareggiabile Segretaria docet), prenotare bus e ostelli per le trasferte, trasportare sedie e strumenti per un’esibizione, pulire la sede, sovrintendere al decoro e alla lunghezza degli abiti da concerto, preparare del cibo per un buffet dopo una serata (a volte supera tutto per dedizione e impegno…), etc..
Da ultimo lasciatemi dire che tutto questo assume significato se alla guida della macchina c’è un “autista” che è Maestro nel trasmettere e infondere questo senso di appartenenza, che sa dirigere le ruote su strade a volte impervie ma con paesaggi mozzafiato e che impugna il volante con mano ferma e sicura. E noi, per fortuna, da più di quarant’anni, ce l’abbiamo.
L’indifendibile Presidente Sergio Giachini